25 Giugno 2021
Share

Ci sono persone che diventano quello che devono – Tina Anselmi

Ho conosciuto una di queste persone: Tina Anselmi. E la targa posta, a Firenze, in un giardino a Lungarno, a ricordo di Tina Anselmi, con la dicitura: “Partigiana, prima donna ministro” (all’epoca si diceva ministro) racchiude il percorso di Tina dai suoi diciassette anni, nel 1944, al giorno in cui il 29 luglio del 1976 divenne la prima donna Ministro della storia d’Italia.

E mi aiuta a spiegare ciò che intendo dire. Sia da partigiana, quando certo non fu facile scegliere, mettendo in gioco la sua vita e la vita di altri, e così in seguito sindacalista, impegnata nella DC, poi appunto nel 1976 Ministro del lavoro, lei fece di queste sue esperienze e della altre che seguirono, occasioni d’impegno fattivo e ‘obbligato’. Durante l’occupazione nazifascista in Veneto, non poteva certo volgere lo sguardo altrove, ignorare i soprusi, le torture, le delazioni. Anche nello spiegare la sua scelta estrema di partigiana, era capace di esempi concreti, senza orpelli, era diretta, lo era sempre e per questo anche amava andare nelle scuole a parlare con i giovani, che sono aperti all’ascolto e aggiungeva: “… bisogna seguire la saggezza dei giovani”. Ed era un piacere ascoltarla, le sue erano parole che volevano stabilire un contatto, una possibilità di confronto sempre. Era chiamata quando era parlamentare la ‘donna ponte’. E non cercava per questo di oscurare il suo pensiero.

L’obbligo, era una parola che ripeteva sovente per spiegare le sue scelte, che scaturiscono dal suo essere profondo, sono radicate: “… sono un obbligo, non un semplice dovere […] e bisogna aggiungere che io sono una donna della Marca trevigiana dalle radici contadine…”.

Aveva conservato del suo mondo contadino la capacità di saper pazientare: “… noi siamo abituate alla fatica, e conosciamo i tempi della natura, li rispettiamo e io cerco nel rispettare i miei ideali di fare, ottenere risultati concreti….” Aveva il senso dei tempi, anche perché era stata educata, nell’Azione Cattolica, a confrontarsi con quelli della Chiesa, viveva il Carnevale, sapeva che dopo verrà il  mercoledì delle Ceneri, e la Quaresima si scioglierà nella Resurrezione. Aveva fede profonda, silenziosa, portatrice di speranza.

La città grande, Roma, era il luogo dell’ufficio, la casa era sempre quella dell’infanzia, in famiglia, nella sua terra, tra la sua gente. Era una di loro, in più quel qualcosa che la rendeva rara, capace un giorno di diventare quella che doveva. Radicata nella sua terra, tra le montagne e le valli, era in viaggio per seguire la sua stella. Anche perché la vita, con gente come lei, bussa spesso e chiede.

La vita fa domande giuste, basta saperla ascoltare. Detestava le domande inutili, destinate ad avere come riposte silenzi o false compiacenze. La sua ‘stanza’ era aperta a tutti. Nei momenti delle scelte però, era solo sua. Il tempo della riflessione le apparteneva. Era stata sempre così fin da ragazzina. Com’era questa ragazzina? Caparbia, vitale, sportiva, amava la vita e le sfide. Ambiziosa e indipendente, seguiva una sua canzone, non per questo disconoscendo quella del mondo, sapeva ascoltare e cercava, seppur con grazia, di adattarla alla propria.

E per questo che divenne quella che doveva essere. Anche quando la vita le fece incontrare l’amore, un giovane medico poco più grande di lei, artigiano anch’egli, che la tubercolosi le strappò, subito dopo la fine della guerra, il suo dolore non l’allontanò alla vita che aveva intrapreso, quella dell’impegno nel sociale e poi più direttamente nella politica. Non cercò, non incontrò altri amori. “… non fu rinuncia la mia, accadde, ero destinata ad altro”. E aggiungeva, con pudore, era riservata, parsimoniosa, nel condurre altri nel suo intimo: “… ci
sono persone che nell’assenza confermano la loro presenza, accade nell’amore”. La foto del suo amato rimase sempre accanto a lei. Anche Tina Anselmi fa parte di quelle persone che nell’assenza confermano la loro presenza.

Noi siamo qui a ricordarla, nella forza delle sue scelte concrete, nelle sue parole, La Tina di Castelfranco Veneto, che continua a vivere nell’immaginario di tante cittadine e cittadini. Mi sono sempre stupita frequentandola negli ultimi anni della sua vita, quando viveva nel suo ‘eremo di Castelfranco, quanto, oltre i suoi silenzi pubblici, riuscisse a penetrare nei cuori e nei pensieri delle persone che mi capitava di incontrare, in giro per l’Italia, e che numerose venivano quando si parlava di lei.